A cura: M. Biagioni

Ricordare Gianfranco significa ripercorrere oltre 50 anni di storia sociale e politica cittadina (e non solo). Perché Gianfranco in questa storia è stato sempre “immerso”, anzi ne è stato attivo animatore.

Senza smanie di protagonismi, rifuggendo da ogni carica istituzionale.

Ha aderito al PCI finché il PCI è esistito (i Tomassini sono stati, dopo i Terreni, colonne portanti della storica sezione di Soffiano), per poi progressivamente distaccarsi dalle formazioni partitiche (con un riavvicinamento successivo ad esperienze innovative quali la “Sinistra unita e plurale”, “L’Altra Europa con Tsipras”, ALBA, “Firenze città aperta”).

Comunque, tale distacco non ha certo significato rinunciare al “far politica”.

Si può dire che il “far politica”, nel senso che viene dato a questa parola in “Lettera a una professoressa” (cioè politica come capacità di affrontare i problemi tutti/e insieme, in contrapposizione all’ “egoismo”, che significa il rinchiudersi di ciascuno/a nel proprio individualismo, curando solo gli interessi personali), sia sempre stato al centro del pensare e dell’agire di Gianfranco, con modalità diverse nelle varie fasi di impegno, ma con sempre ben presente l’importanza fondamentale dell’azione collettiva.

Ma su tutto ciò si soffermeranno gli interventi successivi.

Quello che invece vorrei qui mettere in evidenza sono i tratti salienti del suo agire:

– un senso della politica in controtendenza rispetto a quello che si è sempre più affermato nel nostro Paese (ma, direi, purtroppo, quasi dovunque nel mondo, se ci riferiamo ai comportamenti dei partiti e non teniamo conto di quanto si sviluppa in ambito sociale, dove esistono moltissime esperienze validissime, ricche di una loro “politicità”),

– un’attenzione spiccata a ciò che si muove a livello internazionale, facendo ricerche in proposito e non accontentandosi di informazioni superficiali (e traducendo tali ricerche in note semplici e comprensibili, da trasmettere attraverso dei volantini),

– una fiducia notevole nella capacità di riuscire ad influire sugli orientamenti delle persone attraverso l’informazione diffusa, anche con strumenti che oggi potrebbero essere considerati superati (i volantinaggi, appunto),

– una continuità d’impegno anche nelle situazioni più difficili, cioè quando il clima intorno si è fatto più avverso – le sue iniziative per contrastare l’indifferenza di gran parte dei/delle suoi/sue concittadini/e sono proseguite, finché la salute gliel’ha permesso, mentre nel Paese avanzava la destra e nel senso comune cresceva , specialmente su temi come l’accoglienza e l’inclusione dei/delle migranti e della popolazione Rom -,

– la tensione costante verso “un altro mondo possibile (e sempre più necessario), non vissuta come attesa del “sol dell’avvenire”, ma come necessità di azioni quotidiane, anche piccole, verso quella meta.

Siamo stati vicini per un lungo periodo nel Comitato “Fermiamo la guerra”, nato qui a Firenze subito dopo il Social Forum  Europeo del 2002, conclusosi con la straordinaria manifestazione per la pace che vide un milione di persone percorrere i viali fiorentini.

Un Comitato che aveva, e continua ad avere, il compito di sensibilizzare, con iniziative di approfondimento e di mobilitazione, sui temi della guerra e della pace.

Un Comitato che ha “inventato”, insieme all’Istituto De Martino, l’intervento annuale “Canzoni contro la guerra”, quale alternativa, la prima domenica di novembre, alla cosiddetta Festa delle Forze Armate e della Vittoria nella 1^ Guerra Mondiale, quella del ‘15/’18 (intervento che si terrà anche quest’anno fra pochi giorni – domenica 5 novembre, alle 16,30 al Teatro “L’Affratellamento”, in via Giampaolo Orsini).

Ma chi ha dato continuità al Comitato, lo ripeto, con una presenza nelle strade di Firenze in tutti i mesi dell’anno, è stato indubbiamente Gianfranco, con la collaborazione saltuaria di qualche altro/a (la più tenace e duratura è stata altrettanto indubbiamente quella di Piero Scarselli). E si è trattato di una presenza che partiva a monte, dalla produzione dei volantini (ed, ancora prima, dalle ricerche da cui scaturivano i volantini), dalla loro stampa, con Gianfranco protagonista principale (ed in molti casi unico).

Le convinzioni di Gianfranco, profonde e tenaci, si accompagnavano ad una calma e serena capacità di esprimerle, senza alcun bisogno di alzare i toni e la voce.

Nell’ultimo periodo abbiamo perduto diversi compagni. Ricordo in particolare

Andrea Terreni, impegnato anch’egli, come ho già accennato nella Sezione PCI di Soffiano (e con un carattere opposto a quello calmo e riflessivo di Gianfranco).

Angelo Baracca, pure lui membro del Comitato “Fermiamo la guerra” e attivo, in diverse occasioni, insieme a Gianfranco.

Penso che se la storia della sinistra ha forse la possibilità di riprendere il suo corso, nonostante le sconfitte e le vere e proprie batoste che ha subito, lo si deve al lavoro, spesso nascosto e ignorato, di persone come Gianfranco, che hanno tenuto viva, con l’operato quotidiano, l’idea di una sinistra, appunto, che s’intreccia con pacifismo e antirazzismo, con una visione internazionale dei problemi, con la prospettiva di un’alternativa allo stato di cose esistente.

Gianfranco, presente e attivo nei grandi eventi, partecipa alle manifestazioni, ai cortei, alle iniziative di massa, convinto però che occorra anche una presenza quotidiana sul territorio, nei quartieri, per avvicinare e sensibilizzare, dando informazioni, chi ai grandi eventi, alle manifestazioni, ai cortei non partecipa ed a cui è necessario far cambiare opinione se si vuole trasformare l’esistente.

Di Gianfranco si è avvertito e si continua ad avvertire la mancanza, specialmente nel momento in cui la politica tende ad essere un’altra cosa rispetto a quella che lui “testimoniava” con la sua azione.

Ricordarlo significa anche impegnarsi per portare avanti il suo impegno.

Siamo sicuri che Gianfranco sarebbe stato alla manifestazione di lunedì 23/10 conclusasi alla Basilica di San Miniato come sarebbe domenica 29/10 in piazza Santa Maria Novella contro le follie terroristiche di Hamas e le altrettanto folli gravissime rappresaglie d’Israele nei confronti della popolazione palestinese di Gaza.

Per riaffermare, in un momento in cui ce n’è un disperato bisogno, le ragioni della pace.