A cura: Moreno Biagioni

Per un’azione decisa e continua contro il razzismo (da intrecciare strettamente con quella per la pace)

Stiamo vivendo in tempi bui, in cui il neo-liberismo, il prevalere delle multinazionali e del capitale finanziario, i diktat del mercato sono sempre più accompagnati e sostenuti da regimi sovranisti e, in alcuni casi, apertamente fascisti.

Una delle caratteristiche principali di tali regimi è quella di essere “portatori attivi” di razzismo, com’è dimostrato dai provvedimenti adottati dall’Ungheria e dalla Polonia a proposito della chiusura delle frontiere.

L’Italia del Governo Meloni non è da meno, con

– le persone ridotte a “carichi residuali” [vedi le dichiarazioni del Ministro degli Interni Piantedosi relative a chi naufraga nel Mediterraneo – Alberto Olivetti, in un suo articolo su “Il Manifesto”, afferma “Lei (Ministro Piantedosi) qualifica l’essere umano come un peso … lo riduce a salma. E le parole sono pietre, come ammonisce Carlo Levi” ],

– le distinzioni di Giorgia Meloni, riferite ai salvataggi in mare, fra naufraghi e migranti,

– la “guerra” contro le navi delle ONG che operano per salvare vite umane,

– il rinnovo di accordi vergognosi con la Libia perché impedisca l’immigrazione verso l’Italia (accordi fatti la prima volta dal Ministro Minniti, nonostante l’opposizione di tutte le organizzazioni che si occupano positivamente dell’accoglienza e dell’inclusione di quanti/e provengono da altre realtà),

– il continuo dichiarare, da parte di chi è al governo, “prima gli italiani”.

Si tratta di dichiarazioni e di atti che suscitano indignazione e necessitano di risposte decise da chi sa ancora distinguere fra umano e disumano.

Tutto ciò aggiunge un di più di “cattivismo” [usiamo questo termine per l’assonanza con quello di “buonismo”, una qualifica attribuita spesso in passato a chi si adoperava con spirito di solidarietà verso i nuovi arrivati], ma, purtroppo, rientra appieno nelle politiche europee – è l’Europa, infatti, ad avere finanziato il sultano/dittatore Erdogan, quello che fa la guerra alla popolazione curda, perché bloccasse, non importa con quali metodi, l’immigrazione -.

Certo, ultimamente, altri paesi hanno espresso critiche verso l’Italia, ma non è stato proceduto, a tutt’oggi

– ad un deciso cambiamento di rotta nelle politiche verso i migranti, a cominciare dal superamento dell’accordo di Dublino – l’accordo comporta che il primo paese ospitante chi arriva sul suolo europeo sia quello che prende in carico la sua istanza di rifugiato politico -,

– all’adozione per tutti/e delle regole che valgono per coloro che arrivano dall’Ucraina,

– alla possibilità per ogni persona di poter chiedere asilo, sulla base dei trattati internazionali e, per quanto riguarda l’Italia, anche della sua Costituzione (art.10).

E’ proprio perché si assiste ad un preoccupante diffondersi di opinioni e sentimenti razzisti che occorre sviluppare un’azione di contrasto volta a  mettere in moto tutti gli anticorpi necessari presenti nella società, che, però, devono vedere impegnati associazioni, sindacati, realtà di base e di movimento per riuscire a diventare veramente egemoni ed a far sì che le istituzioni adottino provvedimenti adeguati per arginare tale diffusione.

Il razzismo è un male sottile, che si insinua cogliendo le fratture che si determinano

– fra i vari settori sociali – fra gli “ultimi” e i “penultimi”, ad esempio -,

– fra la cosiddetta “normalità” e le “differenze” che si riscontrano, di volta in volta, sul piano del genere, dei comportamenti sessuali, del colore della pelle, delle abitudini e dei comportamenti,

– fra le diverse nazionalità.

Può portare, com’è accaduto, in forme orribilmente tremende, in passato e come continua ad accadere ancora oggi, a situazioni di oppressione, di discriminazione, di ingiustizia.

Occorre non abbassare mai la guardia,

– coniugando la lotta al razzismo con quelle per i diritti civili, per i diritti sociali, per l’ambiente, per l’eguaglianza,

– intrecciando strettamente i movimenti contro la guerra e contro il razzismo, dando loro continuità,

– facendo di entrambi una priorità nei programmi politici.

Contro la guerra occorre riaffermare l’azione consistente in campagne [con iniziative di confronto e di approfondimento, raccolta di firme, proposte di legge, con interventi volti a responsabilizzare le singole persone, tipo l’obiezione fiscale alle spese militari – com’è stato sostenuto recentemente anche da Alex Zanotelli -, con un coinvolgimento ampio degli enti locali – vedi, negli anni ‘80, il dichiararsi dei comuni “denuclearizzati”, e cioè indisponibili ad ospitare ordigni nucleari -],

– per una drastica riduzione delle spese militari,

– per la riconversione delle fabbriche d’armi,

– per uno stop deciso al commercio degli armamenti, a cominciare dalla vendita delle armi ai paesi in guerra,

– per l’adesione dell’Italia al TPAN (Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari),

– per l’inclusione della difesa disarmata e nonviolenta fra quelle ufficialmente riconosciute.

Anche alla lotta al razzismo occorre, come si è già accennato, dare continuità.

Oltre alle manifestazioni, ai cortei, che riaffermano, in modo evidente e pubblico, la volontà di parti notevoli della società di dire NO al razzismo,  è essenziale

– attivare organismi di contrasto alle discriminazioni, in grado di intervenire sui casi che si verificano quotidianamente (con particolare attenzione agli atti, alle situazioni, alle opinioni diffuse discriminanti nei confronti della popolazione Rom),

– portare tale tematica nelle istituzioni, perché si attrezzino in modo adeguato,

– promuovere confronti e dibattiti nelle scuole, perché tutto ciò sia al centro dei processi formativi.

Da atti, anche piccoli, di intolleranza possono nascere processi che portano a situazioni di grave pericolo per la convivenza civile.

Per questo occorrono

– una vigilanza continua,

– la capacità di agire tempestivamente,

– collegamenti internazionali in grado di rendere più efficaci le azioni di contrasto al razzismo (un coordinamento europeo contro le discriminazioni che operasse con continuità potrebbe risultare assai incisivo).

Chi partecipò al Social Forum del 2002 dichiarò di essere, prima di tutto, contro le barbarie del neo-liberismo e della guerra.

Oggi, visto che le forme di intolleranza, invece di essere ridotte e marginali, sono cresciute, e che vi sono governi, di chiaro stampo fascista, che le alimentano, occorre aggiungere esplicitamente fra le priorità la lotta al razzismo.

Non vi potrà mai essere, infatti, un “altro mondo possibile, e sempre più necessario”, se non si riusciranno ad estirpare dalle istituzioni e dalla società pensieri, atti, comportamenti che provocano situazioni di discriminazione.

Per questo ribadiamo il nostro deciso NO AL RAZZISMO!